Quattro persone sono state fermate dalla Guardia di Finanza di Catanzaro con l’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso nell’ambito di un’operazione che ha riguardato il controllo da parte di una cosca di ‘ndrangheta di alcuni villaggi turistici nella cosiddetta “Costa degli Dei”, in provincia di Vibo Valentia. L’operazione é stata coordinata dalla Dda di Catanzaro. Le persone fermate sono accusate di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento della latitanza. L’operazione é stata condotta dal Comando provinciale di Catanzaro della Guardia di Finanza, con la collaborazione dello Scico. I quattro fermi sono stati fatti in esecuzione di un decreto emesso dalla Procura antimafia di Catanzaro e rappresentano l’epilogo, riferiscono gli investigatori, di una complessa indagine svolta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria-Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro. Il controllo delle strutture turistico-alberghiere avrebbe consentito alla cosca di ‘ndrangheta coinvolta di condizionarne la gestione, soprattutto nell’ individuazione dei fornitori di beni e servizi e del personale da assumere. Nell’operazione sono stati impiegati oltre 100 finanzieri, con l’ausilio di unità antiterrorismo e pronto Impiego e della componente aerea del Corpo. Nell’ambito dell’operazione beni mobili ed immobili per un valore di 11 milioni e mezzo di euro, tra cui alcuni villaggi turistici del Vibonese, sono stati posti sotto sequestro dalla Guardia di Finanza. Nel provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza é compresa una serie di fabbricati, terreni, quote di partecipazione, complessi aziendali, ditte individuali ed autoveicoli. Le persone indagate nell’inchiesta sono, complessivamente, 14. In uno dei complessi alberghieri della “Costa degli Dei”, nel Vibonese, sequestrati dalla Guardia di Finanza nel corso dell’operazione condotta ieri mattina, si sarebbero svolti alcuni incontri tra esponenti di Cosa nostra siciliana e della ‘ndrangheta finalizzati all’attuazione della cosiddetta “strategia stragista”. Nel corso degli incontri, che si sarebbero tenuti dopo gli omicidi dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i rappresentanti della mafia siciliana, secondo quanto hanno riferito alcuni pentiti, avrebbero proposto a quelli della ‘ndrangheta di aderire alla strategia stragista portata avanti in quel periodo. É il villaggio turistico “Sayonara” di Nicotera marina la struttura alberghiera in cui negli anni ’90 si sarebbero svolti gli incontri tra i rappresentanti di Cosa nostra e ‘ndrangheta finalizzati ad un possibile coinvolgimento dell’organizzazione criminale calabrese nella “strategia stragista”. Il “Sayonara” è uno degli immobili che sono stati sequestrati, nell’ambito dell’inchiesta, perché la loro attività sarebbe stata condizionata dalla ‘ndrangheta. Nel decreto di fermo emesso dalla Dda si afferma che il Sayonara “riveste un particolare interesse sin dagli anni ’90 poiché considerato storicamente come la struttura controllata dalla cosca Mancuso di Limbadi, luogo sicuro e protetto in cui esponenti criminali hanno soggiornato nei periodi di latitanza e hanno svolto in tutta tranquillità anche veri e propri summit mafiosi”. Una situazione che é stata riferita, nelle loro dichiarazioni, da alcuni collaboratori di giustizia come Franco Pino, Umile Arturi, Gaetano Albanese, Carmelo Grotteria, Giacomo Lauro e Carlo Vavalà. I pentiti hanno parlato, in particolare, di una riconducibilità del “Sayonara” sin dagli anni ’90 alla cosca Mancuso riferendo di più incontri che si sarebbero svolti nella struttura tra gli emissari di Cosa nostra ed i vertici della cosca Mancuso. “Detti incontri -è detto nel decreto di fermo- si sono tenuti in Calabria: alcuni già nel 1991 ed altri subito dopo gli attentati in cui persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”. La cosca Mancuso, tra l’altro, è legata ad un altro storico gruppo criminale, quello dei Piromalli, egemone nella piana di Gioia Tauro. Per interloquire con Cosa Nostra furono chiamati a partecipare tutti i capi delle varie famiglie di ‘ndrangheta, da Cosenza a Reggio Calabria. “E sulla scorta delle risultanze investigative che sono emerse -scrive la Dda nel provvedimento di fermo- la posizione assunta da Luigi Mancuso fu di non aderire alla politica stragista dei Corleonesi per non attirare l’attenzione istituzionale”.