CATANZARO. “Continua ad avanzare la desertificazione di attività commerciali e pubblici esercizi nei centri urbani”. La denuncia è della Confedilizia catanzarese che cita i dati dell’Osservatorio Confesercenti secondo cui, anche nel 2015 il bilancio tra aperture e chiusure di negozi, bar e ristoranti sarà in rosso, con un saldo negativo di oltre 29mila imprese. ” Il fenomeno – scrive Confedilizia – investe anche la Calabria, che presenta un saldo pari a -3.683 e, tra i capoluoghi di regione, anche la città di Catanzaro, che ha registrato la progressiva chiusura di numerose attività commerciali, soprattutto nel centro storico. E’ una denuncia condivisibile – si legge nella nota – quella della Confesercenti, che ritorna ancora sul disastro che l’eccesso di tassazione sugli immobili non abitativi locati ha determinato e continua a determinare nelle attività commerciali. Stime di Confedilizia dimostrano come il proprietario di un negozio affittato veda eroso dalle imposte statali e locali (Irpef, addizionali comunale e regionale Irpef, Imu, Tasi, imposte di registro e di bollo) anche l’80 per cento del canone di locazione nominalmente percepito, senza contare le spese”. “Tutto ciò – secondo Confedilizia – è la conseguenza di due misure varate sotto il governo Monti, ma alle quali i successivi governi non hanno posto rimedio: da un lato, l’aumento del 62 per cento delle rendite catastali ai fini Imu (e poi Tasi) e, dall’altro, la riduzione al 5 per cento della quota di spese deducibili dal reddito da parte dei proprietari-locatori (rispetto ad un onere stimabile nel 30 per cento)”. Per Sandro Scoppa, presidente di Confedilizia Catanzaro “è ormai necessario un intervento, a tutti i livelli e anche in sede regionale e comunale, con una decisa azione di detassazione degli affitti, senza la quale il commercio non potrà risollevarsi nè si fermerà la connessa desertificazione delle città, che investe pure Catanzaro, ed è destinata a produrre conseguenze gravissime anche in termini di degrado e di riduzione della sicurezza dei cittadini. A essa – aggiunge – va associata una profonda riforma della legislazione che regola le locazioni a uso commerciale, che sono ancora vincolate da una legge di 40 anni fa (legge sull’equo canone), che per tanti motivi non ha subito modifiche su questo punto nonostante le lenzuolate delle vere o presunte liberalizzazioni. Si tratta di una normativa che ingessa il settore e che, a dispetto delle intenzioni, finisce per danneggiare un gran numero di soggetti intenzionati ad aprire o a mantenere aperto un negozio. Se le intenzioni del legislatore dell’epoca erano quello di tutelare l’impresa a danno della proprietà dell’immobile, il risultato ottenuto è stato quello di fare danni in entrambe le direzioni. Ogni volta che si alterano le dinamiche di mercato, del resto, – conclude – ci si deve aspettare che quest’ultimo in qualche modo reagisca”.