CATANZARO. Lui, nipote, figlio e futuro padre di magistrato. Lei, studentessa operaista convinta, come tutti i giovani, di poter cambiare il mondo. Sullo sfondo, la Torino degli anni dell’emigrazione, “città di provincia costretta d’un colpo a trasformarsi in metropoli”. Marcello Vitale, in passato procuratore capo di Lamezia Terme per anni in servizio a Catanzaro, presidente aggiunto onorario della Cassazione e già presidente della prima sezione penale della Corte d’appello di Roma, in “Revolution” (Koinè nuove edizioni, 220 pagine, 14 euro) mescola cronaca e storia, realtà e utopia, pubblico e privato per raccontare una storia d’amore ambientata nei giorni del ’68, dei suoi miti e delle sue illusioni. Giovane sostituto procuratore calabrese nella città del Lingotto e della Mirafiori, Vitale guarda con interesse professionale, da un lato, e coinvolgimento emotivo, dall’altro, alle manifestazioni di piazza, alle prime occupazioni di fabbriche e università, al dilagare della protesta giovanile sulla spinta del “maggio francese”. Meridionale tra i meridionali con una vocazione istintiva alla poesia (7 le raccolte pubblicate) sa bene che “il peggior difetto della categoria” è quello di “essere priva del senso del relativo”, di “prendersi troppo sul serio”, ma trova nella seducente figlia di un metalmeccanico della Fiat, conosciuta a una festa di amici, la controvoce critica capace di mettere in discussione molti dei suoi punti di riferimento. La loro è una relazione intensa, fatta di sesso e di slanci ideali, di complicità e di scontri, tutta giocata sul filo di estenuanti discussioni in cui trovano spazio le questioni irrisolte del tempo, dalle distanze tra nord e sud alla lotta di classe, dal femminismo allo sfruttamento dei lavoratori. I due si confrontano, discutono, litigano, per tornare alla fine l’uno tra le braccia dell’altro. Ad allontanarli, senza quasi che se ne accorgano, saranno giorno dopo giorno il lavoro di lui, alle prese con processi sempre più importanti, anche di criminalità organizzata, e l’impegno politico sempre più esclusivo di lei. “Il vento del ’68”, recita il sottotitolo, “trascinò tutti. Anche loro due”. Interpreti su sponde diverse di quella “bella gioventù che aveva avuto il coraggio di battersi per entrare nella storia”.