“Giudicate voi se è possibile escludere la strumentalizzazione”, e comunque “io mi difenderò con tutte le forze dalle accuse che sono basate sul sentito dire. Da settimane vivo con l’incubo di chi legge e rilegge le carte. Non è sede questa dove fare un processo ma è un luogo in cui si può perpetuare un’ingiustizia: io sono innocente e mi affido alla vostra coscienza di preservare l’integrità del Senato prima ancora della mia libertà”. Lo ha detto Antonio Stefano Caridi, senatore di Gal, intervenendo in Aula prima del voto sulla richiesta di arresto che pende nei suoi confronti. “Signor Presidente, onorevoli colleghi, prendo la parola in questa sede non solo per difendere la mia libertà, la storia della mia vita, la mia dignità e quella della mia famiglia, ma anche per difendere il mio ruolo di parlamentare, di rappresentante del popolo nel momento in cui un’accusa, tanto sconvolgente quanto per me profondamente ingiusta, ha sconquassato la mia vita e quella dei miei cari”. Inizia così, nell’Aula del Senato, la ‘difesà di Antonio Stefano Caridi, senatore di Gal, nei confronti del quale l’Assemblea di palazzo Madama si sta per esprimere sulla richiesta di arresto avanzata dai magistrati di Reggio Calabria. “So, come ripetono in tanti, che questa non è la sede per fare il processo, analizzando nel dettaglio gli elementi di accusa o lo sviluppo delle indagini. Per quello che potrò, cercherò di non essere troppo analitico. Non posso evitare di iniziare questo mio intervento, dicendo che sono innocente, che non ho mai avuto rapporti o stipulato patti con il crimine organizzato, non ho mai partecipato a organismi segreti, nè a logge massoniche e che non ho mai svenduto il mio ruolo. Mi si accusa di aver fatto parte di una componente apicale e segreta della ‘ndrangheta, pur senza indicare un fatto – uno – che dimostrerebbe quell’infamante accusa. In questi vent’anni di indagine – sottolinea Caridi – i fatti dimostrativi del ruolo così fondamentale che mi viene addebitato sarebbero, infatti, l’assunzione di sei persone in una società controllata del Comune, ovvero la circostanza, narrata ma non dimostrata in alcun modo, secondo la quale avrei assicurato le cure di un medico – non io, ma una persona diversa da me – a un latitante. Però non si indica a me da quanto dovrei difendermi e a voi, che dovrete decidere, se è giusto privarmi della libertà in vista del processo e, allo stesso tempo, vulnerare l’integrità del Parlamento, quando, come e dove questo pseudofatto sarebbe avvenuto”. “Non una circostanza specifica, una descrizione, un nulla. Mi si accusa di aver avuto da sempre l’appoggio elettorale delle cosche, eppure si dimenticano quelle tornate elettorali del 2000 e 2005 in cui non sono riuscito a essere eletto, ovvero ho raccolto un numero di voti inferiore a quello di altri candidati proprio nei paesi in cui, storicamente, le famiglie della ‘ndrangheta hanno un ruolo determinante. Che logica c’è in questo?”. Dopo una lunga disamina delle accuse mossegli, Caridi prosegue: “Del resto sarei parte di un vertice che sovraintende alle attività strategiche delle cosche e però sarei costretto a mendicare voti, senza neppure ottenerli. Sarei nel cuore dell’organizzazione mafiosa, ma il gip – riflettete su questo fatto – ha escluso che nei miei confronti possa essere applicata l’aggravante di cui all’articolo 416-bis, secondo comma, del codice penale, cioè proprio quella che sanziona l’attività di promozione, direzione e organizzazione della consorteria. Che logica c’è in questo?”. E ancora: “Tenterò di difendermi con tutte le mie forze, nel corso del processo, da un teorema che appare una sequela di accuse senza fatti, senza circostanze specifiche, oppure per sentito dire”. “Giudicate voi se sia logico, coerente con lo sviluppo abnorme di questa vicenda, dopo avermi trattato alla stregua di una selvaggina cui si concede il passo lungo, ipotizzare l’esistenza di esigenze cautelari che dovrebbero automaticamente portarmi in carcere, dopo che gli ultimi fatti che hanno un minimo determinatezza risalgono al più tardi al 2008. Giudicate voi, perchè il vostro sarà un giudizio in difesa delle guarentigie di un parlamentare”. Insomma, aggiunge ancora Caridi, “giudicate voi, perchè il vostro sarà un giudizio in difesa della separazione dei poteri, se è possibile escludere la strumentalizzazione, o anche solo il cattivo utilizzo degli strumenti giudiziari, il cui effetto indiretto sarebbe quello di negare l’integrità del Parlamento, se una persona, un esponente politico, un parlamentare, può essere di fatto inquisito ininterrottamente per più di tre lustri, interrogando sul suo conto i collaboratori di giustizia con domande spesso suggestive, disponendo intercettazioni telefoniche, senza mai portarlo a giudizio, senza mai informarlo delle accuse, generiche, ma risalenti anche ai primi anni 2000. Giudicate voi il grado di civiltà di un sistema che permette, per tutto questo tempo, prima di valutare gli elementi raccolti non idonei neppure a contestare un singolo reato e poi di “rileggere” le carte, le stesse carte, e scoprire di trovarsi di fronte ad un membro di un organo di vertice delle cosche”. Infine, “io so che il dibattito in questi casi si incentra sui limiti che al Parlamento sarebbero imposti dal doveroso rispetto dell’attività giurisdizionale, per cui le decisioni dei giudici sarebbero intangibili, e l’unica materia in discussione sarebbe la verifica di un possibile sviamento del potere giudiziario talmente evidente da divenire persecuzione politica. Non è così. Una concezione moderna, più volte confermata dalla Corte costituzionale, di quello che è il bilanciamento costituzionale dei valori in gioco, porta alla necessità di valorizzare, analizzandoli precisamente, tutta una serie di elementi che mai come in questa occasione impongono di difendere l’integrità del Parlamento: elementi che in questa vicenda si ritrovano tutti: l’abnormità dei tempi di indagine, la contraddittorietà e l’illogicità del costrutto accusatorio, la mancanza di verifiche individualizzanti alle datate dichiarazioni dei pentiti, l’incoerenza rispetto ad altre e contestuali inchieste, la mancanza per più di tre lustri di una qualsiasi accusa mossa sulle medesime basi probatorie; il malgoverno degli insegnamenti delle sezioni unite della Corte di cassazione, sia con riguardo alla materia sostanziale, in tema di partecipazione o concorso esterno in associazione mafiosa, sia in tema processuale sulla valutazione dei collaboranti anche in sede cautelare”. “Io sono e mi dichiaro innocente e sono sicuro che questo mi verrà riconosciuto in sede giudiziaria e affido alla vostra coscienza di parlamentari l’integrità del Senato prima ancora che la mia libertà”, conclude il senatore di Gal.