ROMA. Riparte il Sud. Dopo il +1% del 2015, la crescita prosegue anche nel 2016, anche se a ritmi inferiori, per poi salire nuovamente nel prossimo anno. Si riduce comunque la forbice con il resto del Paese, con un gap con il Meridione che si ridurrà considerevolmente nel prossimo anno. Secondo le stime dello Svimez, aggiornate a novembre, nel 2016 il Pil italiano dovrebbe crescere dello 0,8%, quale risultato del +0,9% del Centro-Nord e del +0,5% del Sud. Una variazione ancor più positiva di prodotto del Sud rispetto alle previsioni di luglio 2016. Positivo “l’andamento dei consumi, stimato in +0,6% al Centro-Nord e +0,4% al Sud”. L’occupazione, “dopo la drastica riduzione dal 100% al 40% degli sgravi contributivi, ristagna: +0,3% al Centro-Nord, +0,2% al Sud”. Ancora meglio nel 2017: il Pil italiano dovrebbe aumentare del +1%, sintesi di un +1,1% del Centro-Nord e di un +0,9% del Sud. A concorrere positivamente l’andamento dei consumi finali, stimato in +0,5% al Centro-Nord e +0,6% al Su. Mentre “Sul fronte occupazionale, si prevede un aumento nazionale del +0,4%: +0,4% al Centro-Nord e +0,3% al Sud”. Al Sud c’é una “enorme sotto utilizzazione del capitale umano di giovani e donne e alla strutturale carenza di occasioni di lavoro specialmente qualificato, è importante che l’occupazione al Sud sia al centro della ripartenza è comunque l’allarme lanciato dallo Svimez, che sottolinea come la crescita occupazionale nel Meridione sia legata principalmente ai “contratti a termine e part time”: in definitiva “è l’occupazione atipica ad essere tendenzialmente cresciuta” con “l’esplosione dei voucher ai quali occorre mettere un freno”. Anche alla luce di questo fenomeno, “non è più rinviabile una misura organica e universale di contrasto della povertà, soprattutto alla luce della comparsa dei ‘nuovi poveri’, lavoratori anche diplomati o laureati che con la crisi hanno subito un netto peggioramento della condizione economica”. Anche perché, sottolinea lo Svimez, ora “con la crisi, al Sud il 60% degli individui in famiglie giovani è a rischio povertà”. “Il Sud è sempre più a rischio desertificazione”, ha inoltre aggiunto lo Svimez, che sottolinea come “negli ultimi venti anni il Sud ha perso 1,113 milioni di unità, la maggior parte dei quali concentrati nelle fasce d’età produttiva tra 25-29 anni e 30-34 anni, (23 mila unità)”. A questi, si legge ancora, si accompagna una perdita di popolazione di 2.000 unità nella fascia 0-4 anni”, sono “i bambini che si trasferiscono con i genitori”. Il calo demografico è in parte compensato dal saldo migratorio dall’estero, spiega lo Svimez, mentre a lasciare il Sud, si legge ancora, “sono ancora i soggetti più qualificati e dinamici: circa il 20%, ovvero 24 mila unità, hanno una laurea”. “Il segnale della ripresa del Mezzogiorno c’è e soprattutto parlerei di una ripresa della vitalità, che però va nutrita con investimenti e continuità nei progetti”. Lo afferma il presidente della Svimez, Adriano Giannola. “I risultati del 2015 sono positivi al di là delle aspettative mentre più problematici sono quelli del 2016 per questioni legate alla continuità degli investimenti”, osserva Giannola che parla di una situazione di “persistente emergenza sociale e fragilità strutturale” del Sud. “La povertà -conclude il presidente della Svimez – non si affronta solo guardando al disagio, ma anche indirettamente promuovendo lo sviluppo e spingendo la crescita: non ci sono scorciatoie”.