Bloccare le navi in arrivo è possibile, in teoria. In pratica, sarà molto difficile. Diversi esponenti istituzionali e politici italiani, negli ultimi giorni, hanno parlato della possibilità di una chiusura dei porti italiani alle navi straniere come risposta all’afflusso di migranti via mare nel nostro Paese. È possibile e realizzabile una misura di questo tipo? Per prima cosa, bisogna chiarire di che cosa stiamo parlando. Il 28 giugno è stata diffusa la notizia che l’Italia – tramite il suo rappresentante permanente presso l’UE, Maurizio Massari – avrebbe compiuto un “passo formale” verso l’Unione Europea, ponendo al commissario UE per le migrazioni Dimitri Avramopoulos la questione degli sbarchi sulle nostre coste. Nel frattempo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in visita in Canada, ha parlato della necessità di una maggiore collaborazione internazionale per gestire la situazione. Parole simili sono arrivate anche dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, nel suo intervento al congresso della Cisl. Questa sembra dunque la richiesta principale delle istituzioni italiane. Inoltre, i quotidiani hanno scritto che “il governo starebbe valutando la possibilità di negare l’approdo nei porti italiani alle navi che effettuano salvataggi dei migranti davanti alla Libia ma battono bandiera diversa da quella del nostro Paese”: in sostanza, la misura interesserebbe solo le navi gestite dalle organizzazioni non governative. Il giorno successivo, il senatore del PD e presidente della Commissione difesa Nicola Latorre ha dichiarato in un’intervista che si tratterebbe di permettere l’attracco nei porti italiani di navi straniere solo se viene chiarito che altri paesi europei sono disposti ad accogliere i migranti, e allo stesso tempo che alcuni sbarchi avvengano in altri Paesi europei. Non stiamo dunque parlando di un “blocco navale”, anche se l’espressione è stata usata spesso in questi giorni. Il blocco navale è, secondo il Glossario di diritto del mare, “una classica misura di guerra volta a impedire l’entrata o l’uscita di qualsiasi nave dai porti di un belligerante”. Si tratta insomma non di bloccare gli arrivi, ma di impedire – anche con la forza, se necessario – le partenze. La proposta italiana è invece una forma di limitazione degli arrivi. La misura è possibile, ma difficile da applicare. Il trattato internazionale che stabilisce le regole generali per questo caso è la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, ratificata dall’Italia nel 1994. All’articolo 19, stabilisce che il passaggio di una nave, qualunque sia la bandiera che batte, nelle acque territoriali di uno Stato è inoffensivo, e dunque permesso, “fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero”.