La latitanza di Giuseppe Pelle, capo strategico e membro della “provincia” della ‘ndrangheta unitaria, si è conclusa all’alba di venerdì dopo due anni di ricerche. Il 58enne boss di San Luca ha alzato le mani e si è arreso senza opporre resistenza. Un latitante, l’ennesimo, assicurato alla giustizia e di notevole spessore criminale. Giuseppe Pelle “Gambazza” – figlio del defunto Antonio, il “crimine”, e genero del capostipite ergastolano Francesco Barbaro “u castànu”, boss di Platì e autore di numerosi sequestri di persona a scopo estorsivo negli anni ’70 – è considerato dagli inquirenti – con la conferma delle sentenze che lo riguardano – un capo vero e proprio, uno di quelli che siede in quel livello di mezzo – per dirla con le parole del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo – che pianifica e rende attuabili le strategie di chi sta sopra e che chi sta sotto è chiamato ad eseguire. Uno dei pochi, insomma, “ad avere un ruolo di elevatissimo spessore”. Pelle – sono state le parole del procuratore facente funzioni di Reggio Gaetano Paci – come “sintesi migliore delle caratteristiche relazionali poste in essere dalla ‘ndrangheta con esponenti delle istituzioni di questa città, di questa provincia, di questa regione, di questo Paese”. E Pelle di rapporti se ne intendeva. La sua casa, alla vigilia delle elezioni regionali calabresi del 2010, era divenuta meta di una vera e propria processione di candidati in cerca di sostegno. Circostanza emersa grazie all’inchiesta “Reale 3” – che portò in carcere, tra gli altri, un consigliere regionale del Pdl appena eletto, Santi Zappalà – e al sistema di video osservazione installato nei pressi della sua abitazione di Bovalino. Riprese che hanno documentato le sue frequentazioni con personaggi di assoluto rilievo del panorama criminale, oltre che con esponenti politici locali che a lui si rivolgevano per chiedere voti in cambio di benefici di vario tipo. Ed in tale qualità, Pelle organizzava gli incontri con altri esponenti di rango dalla ‘ndrangheta, raccoglieva richieste di intervento per risolvere controversie interne ai Locali e dirimeva conflitti insorti in materia di spartizione degli appalti. Ma non solo. Pelle, politicamente, puntava in alto ed aveva elaborato una sua strategia elettorale che mirava alle politiche ed a suddividere i candidati “amici” su base territoriale sostenendone un ristretto numero per evitare la dispersione di voti. Gli uomini della Squadra mobile diretta da Francesco Rattà hanno individuato il covo in un casolare in una zona impervia di Condofuri. Cinquanta poliziotti hanno “assediato” la zona dopo essere arrivati di notte con i fuoristrada seguendo il greto di un torrente per non farsi individuare dai fiancheggiatori di Pelle. Infine il blitz ed il boss con le mani alzate in segno di resa davanti allo Stato.