REGGIO CALABRIA. Dopo il caos-convenzioni, su cui indaga la magistratura, e il terremoto in area dirigenziale verificatosi all’Asp di Reggio Calabria, commissariata alcuni giorni fa, il vescovo della città, Giuseppe Fiorini Morosini, ha mandato una missiva al ministro della sanità, Giulia Grillo. Tagli continui ai budget di spesa, problemi che risalgono a decenni fa, caos nomine e un commissariamento definito “dannoso” sono questi i temi che l’arcivescovo ha voluto affrontare. Un appello a focalizzare l’attenzione “su provvedimenti che tutelino il diritto alla salute dei cittadini che arriva dopo gli ultimi sconvolgimenti nell’organigramma dirigenziale dell’amministrazione ospedaliera nella provincia di Reggio”. “Le scrivo – esordisce Morosini – in riferimento alla condizione della sanità qui in Calabria, dove si va di male in peggio, e dove il provvedimento di commissariamento, preso dal precedente governo, sta creando danni piuttosto che offrire soluzioni ai gravi problemi della sanità, se nel giudicare partiamo dal principio insostituibile del primato della persona e della cura della sua salute. Abbiamo sperato tutti in Calabria che il nuovo nella politica, dopo le ultime elezioni, desse una svolta a questo annoso problema della sanità in Calabria, i cui mali, non ho paura di riconoscerlo, sono da addebitare anche alla cattiva gestione dei governi regionali passati”. Un accenno critico, da parte del presule, alla gestione commissariale, con il commissario per il rientro del deficit, Massimo Scura, auto-nominatosi “soggetto attuatore” per i prossimi sei mesi (prorogabili) dell’Asp reggina, rimuovendo improvvisamente il direttore Giacomino Brancati. “La situazione attuale – scrive ancora Morosini – con la chiusura dei piccoli ospedali pubblici di periferia e con i tagli sanzionati per la sanità privata, è davvero drammatica. Ne enumero alcuni: i tagli dei piccoli ospedali di periferia non sono compensati dal servizio, fosse anche il più specializzato possibile, degli ospedali pubblici dei grandi centri”. Il vescovo scrive delle lunghe attese per delle analisi cliniche, della fila ai vari Pronto Soccorso “dove regna il caos, con ammalati che devono sostare ore e ore su sedie prima di essere attenzionati o ricoverati (si attende anche per giorni prima del ricovero in corsia). I piccoli ospedali erano una valvola di scarico per la sanità ordinaria, non specializzata, per i piccoli interventi a beneficio dei pazienti e degli stessi parenti, che non sono costretti a muoversi su strade impossibili e con servizi carenti. I tagli alla sanità privata – aggiunge – hanno gettato sul lastrico piccole realtà specialistiche con attrezzature modernissime, che erano di grande aiuto per i pazienti”. Una situazione che, secondo il vescovo calabrese rischia di compromettere il regime di sussidiarietà e quindi il diritto alla salute. “A che cosa assistiamo oggi? – si chiede retoricamente il presule – Gli imprenditori delle piccole realtà assistenziali si vedono costretti a chiudere o a ridimensionare le attività intraprese (sono arrivati, pur di avere liquidità, a cedere i crediti al 50 e 45%). Sono arrivati i primi licenziamenti di giovani impiegati in queste strutture. Ella – aggiunge – può immaginare la gravità di questi licenziamenti in Calabria ove c’è la fuga dei cervelli migliori e la disoccupazione è altissima: famiglie in difficoltà, aumento dell’emigrazione, pericolo sempre incombente dell’invadenza mafiosa (qui tra la gente è diffusa la mentalità che la ‘ndrangheta fa lavorare, lo Stato no). Con questi interventi a pagarne le conseguenze sono sempre ed unicamente gli utenti, i malati, che debbono rinunciare alle cure mediche, se non possono pagare il privato, visto che le attese nel pubblico sono ormai proverbiali”. “Signor Ministro – conclude l’arcivescovo – con questa mia, mi sono voluto fare interprete del disagio della gente, della quale sono guida spirituale e che, spesso, mi rimprovera perché come Vescovo non abbia fatto sentire ancora la mia voce in loro difesa”.