COSENZA. Sarebbe stato concepito solo per portare a compimento la truffa a una compagnia assicurativa il bambino lasciato morire dopo il parto allo scopo di imputarne il decesso a un aborto causato da un finto incidente stradale. Il particolare è emerso nel corso della conferenza stampa tenuta dagli inquirenti nella questura di Cosenza” per illustrare i dettagli dell’operazione “Capital Market che vede indagate in tutto 144 persone responsabili a vario titolo di una colossale truffa a compagnia assicurative ed enti previdenziali, con un danno accertato pari a 2 milioni di euro. Dunque, era un piano studiato nei dettagli quello messo in atto dalle persone arrestate stamane per infanticidio. Gli indagati, che sono stati anche intercettati, ne parlavano fra di loro. Ma i riferimenti erano troppo vaghi e solo successivamente sono stati contestualizzati dagli inquirenti che non hanno potuto quindi impedire l’orribile fine del bambino. Secondo l’accusa, la gestante, una trnetasettenne di Corigliano calabro, avrebbe atteso che la gravidanza arrivasse al settimo mese per poter avere più soldi dall’assicurazione come risarcimento per il finto aborto. Il premio non è stato però mai pagato, proprio in ragione dell’inchiesta in corso. “È stato accertato che il feto, quando è nato, era vivo, ma è stato privato di qualsiasi tecnica perché si salvasse” ha detto il colonnello Giosuè Colella, comandante della Guardia di finanza di Cosenza. “L’indagine è nata nel 2012, da una vecchia indagine della Guardia di finanza – ha detto Colella – effettuata con la ex procura di Rossano”. “Paradossalmente, questa operazione avrebbe dovuto piuttosto chiamarsi “Horror” o “Pecunia non olet”, visto che per i soldi tutti sono disposti a fare tutto” ha detto il comandante della polstrada di Cosenza, Antonio Provenzano. L’indagine è ancora in corso e si sospetta che possano essersi verificati altri gravissimi casi di truffe assicurative. Ma su questo si mantiene il più stretto riserbo.