Il mondo del calcio e non solo dà l’addio a Mariolino Corso, ex bandiera dell’Inter. Corso è entrato nella storia del calcio per il talento e la tecnica ma soprattutto per il suo modo letale di battere le punizioni, ribattezzato “a foglia morta”: poca rincorsa, calcio leggero di interno sinistro con la palla che scavalca la barriera e finisce rete. Nato a Verona nel 1941, Corso iniziò la sua carriera nella Audace SME e legò il suo nome all’Inter dal 1957 al 1973 collezionando 509 presenze e segnando 94 reti e vincendo quattro campionati nazionali, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. La svolta arriva nel 1960 quando il presidente Angelo Moratti ingaggia Helenio Herrera alla guida della squadra e il Magolo ripagherà vincendo tutto tra il 1963 e il 1966: è la Grande Inter di Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Milani, Peiró, Domenghini, Suárez, Corso. Fu candidato per tre volte al Pallone d’oro, classificandosi settimo nell’edizione 1964, e inserito tre anni più tardi dalla Fifa nella formazione Resto del Mondo per la partita d’addio del celebre portiere spagnolo Ricardo Zamora. La classe di Corso non bastò a guadagnargli la maglia azzurra in modo stabile: per gli equivoci sul ruolo di trequartista e gli scontri con il ct Edmondo Fabbri non fu mai convocato per un mondiale o un europeo. In totale con l’Italia appena 23 presenze e 4 reti in dieci anni. Dell’Inter Mariolino Corso fu anche allenatore nella stagione 1985-1986, subentrando all’esonerato Ilario Castagner e conducendo la squadra al sesto posto finale. Allenò il catanzaro ins erie B nella stagione 1983-1984 in serie B.