CROTONE. “Ogni volta che scoppia una rivolta al Cara S. Anna sembra che le motivazioni vengano sbrigativamente archiviate. È giunto il momento di domandarsi se dietro le scuse di facciata non ci sia di più”. Lo afferma la deputata del Movimento 5 Stelle Federica Dieni circa la protesta degli immigrati del Centro di accoglienza crotonese. “Il settimanale l’Espresso – aggiunge – solo un paio di settimane fa con un’inchiesta ha scoperchiato la questione della gestione, spesso molto remunerativa, di questi centri. Nello specifico di questo argomento si è occupata anche l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Laura Ferrara che si è concentrata sul sistema del cosiddetto “pocket money”, un contributo erogato dallo Stato ma che è valido solo all’interno delle strutture di accoglienza per acquistare i beni che vengono venduti dallo stesso ente gestore. Quando leggo quindi le dichiarazioni del vicepresidente della Misericordie Leonardo Sacco secondo il quale la rivolta è scoppiata perché gli immigrati chiedono “il wi-fi libero nella struttura, denaro in luogo dei pocket money e avanzano lamentele per la presenza nel menu di portate, come le lasagne, a loro non gradite” la prima domanda che mi pongo è se le motivazioni elencate non siano, nei fatti, un modo per spingere l’opinione pubblica ad un sentimento di indignazione, senza andare più in profondità. La prima impressione, infatti, è che si tratti di richieste esigenze, se non addirittura arroganti. Se consideriamo però che il wi-fi diventa l’unico modo per comunicare con casa, che i prezzi delle uniche merci acquistabili vengono definite dai gestori e che le problematiche in materia di cibo possono discendere anche da motivazioni religiose, il comportamento dei richiedenti asilo appare assai meno esigente”. “L’attenzione sulle strutture di accoglienza – conclude Dieni – va mantenuta alta. L’inchiesta “Mafia capitale” ci ha dimostrato che l’immigrazione può essere un business. Fermo restando che nessuno mette in dubbio il fatto che il caso di Crotone sia lontano anni luce dagli scandali romani, è tuttavia indispensabile vigilare affinché la gestione dei centri come quello di Isola Capo Rizzuto resti sempre e anzitutto un servizio e non un facile sistema di guadagno”.