Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti; produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti; estorsione, tentata e consumata, aggravata dal ricorso al metodo mafioso; detenzione illegale di armi da fuoco. Queste le accuse formulate a vario titolo a carico di 33 persone nei confronti delle quali, stamane, i carabinieri del comando provinciale di Cosenza hanno eseguito misure cautelari. Si tratterebbe di esponenti di un’organizzazione dedita al traffico di sostanza stupefacente operante nell’area dell’alto Tirreno cosentino e di altre persone coinvolte nel commercio di droga. L’operazione è stata chiamata in codice “Katarion”.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Gip di Catanzaro, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. L’organizzazione criminale sarebbe legata al clan della ‘ndrangheta Muto di Cetraro (Cs). I dettagli dell’operazione saranno comunicati nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11 , al comando provinciale dei Carabinieri Cosenza, alla presenza del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, del procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dei vertici del comando provinciale dei Carabinieri di Cosenza.
Le persone finite in carcere sono 10, 8 quelle ai domiciliari. Per altre 15 sono stati disposti obblighi di firma. Le indagini, iniziate nel 2016, avrebbero consentito di scoprire che la cocaina era fornita da un “broker” della Locride, mentre la marijuana era coltivata in proprio sul litorale tirrenico. Proprio il traffico di droga era tornato ad essere, negli ultimi anni, il principale business della cosca Muto e lo spaccio arrivava fino in Piemonte. Nel corso delle perquisizioni è stato anche scoperto un vero e proprio bunker costruito in un’abitazione.
La cosca dei Muto riusciva a dare concrete garanzie ai fornitori di droga, e per questo poteva movimentare grosse quantità di cocaina ha spiegato, in conferenza stampa, il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Vincenzo Capomolla. L’operazione di oggi, che vede indagate in tutto 44 persone, segue ad un’altra che ha colpito sempre la cosca egemone sul Tirreno cosentino, l’operazione “Frontiera”, risalente al luglio del 2016. I Carabinieri hanno documentato circa 250 episodi di spaccio e diverse estorsioni e tentate estorsioni, che colpiscono gli imprenditori soprattutto operanti nel settore turistico. Uno ha denunciato. E ha denunciato anche una nonna, per salvare il nipote finito nel vortice della droga. “La nonna è andata dai Carabinieri per chiedere di salvare il nipote che era divorato dal mondo degli stupefacenti”, ha detto il colonnello Piero Sutera, comandante provinciale dell’Arma di Cosenza.
L’inchiesta riunisce due distinti filoni d’indagine e presenta 68 diversi capi d’imputazione per gli indagati. L’organizzazione smantellata oggi, e il suo traffico di droga, come ha detto il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, serviva anche a mantenere i detenuti finiti in carcere e le loro famiglie.