“Picciotti, che cosa vi ho fatto?”. Queste le ultime parole rivolte ai suoi uccisori dal giudice Rosario Livatino, che sarà proclamato Beato domenica prossima nella Cattedrale di Agrigento, con una cerimonia presieduta dal cardinale Marcello Semeraro prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. L’uomo e il magistrato, l’impegno professionale coniugato con la fede fino al dono supremo della vita, l’attualità della sua testimonianza per il nostro tempo sono i tratti della figura del futuro Beato evidenziati nell’ambito dell’incontro online “Quanto siamo stati credibili”, promosso dall’ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi di Lamezia Terme in collaborazione con l’unione cattolica della stampa italiana (Ucsi) Calabria. “La beatificazione di Rosario Livatino mette in luce la profonda unità tra la fede e l’impegno quotidiano. Nella misura in cui il cristiano vive un rapporto autentico con Dio, riesce ad impegnarsi in modo concreto e a servire il bene comune nella società – ha detto il vescovo di Lamezia Terme Giuseppe Schillaci in collegamento da Roma – Rosario Livatino è la testimonianza di una fede che non è idea, astrazione, ma che si incarna e diventa credibile. Egli è stato un seme di fraternità. Livatino si è lasciato interpellare dalla realtà e ha risposto servendo lo Stato, la comunità, fino al dono della vita. La sua testimonianza è un ammonimento per tutti noi a sconfiggere il male con il bene mettendosi a servizio del bene in maniera totale e incondizionata. Il suo esempio sia luce per tutti noi, che ne abbiamo particolarmente bisogno in questo momento difficile che stiamo attraversando”. Per don Valerio Chiovaro, direttore dell’Ucsi Calabria, “Rosario Livatino ha manifestato la sua santità nel vivere il suo essere ‘magis’, vale a dire il suo essere ‘di più’ rispetto agli altri collegato al suo ruolo professionale, nella logica del ‘minus’, del servizio. Ci auguriamo, ispirandoci alla sua figura, di riscoprire la bellezza della serenità di una vita spesa in una testimonianza quotidiana della nostra fede. Il martirio è proprio questo: testimonianza quotidiana della fede da vivere nella ‘normalità’ di ogni giorno, che ci fa essere lievito che fermenta, che ci rende capaci di professare la nostra fede in ogni ambito della nostra vita e professione”.