CATANZARO. Vasta operazione antimafia della Polizia di Stato di Catanzaro che ha eseguito 36 arresti tra esponenti di spicco delle consorterie Iannazzo e Cannizzaro-Daponte attive nel comprensorio di Lamezia Terme. Le attività investigative, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, hanno permesso di accertare la responsabilità degli indagati in ordine a numerosi episodi estorsivi a carico di imprenditori. In particolare è stato accertato l’accordo, formalizzato attraverso veri e propri “summit mafiosi”, tra la cosca Iannazzo e quella Giampà di spartizione dei proventi del racket, secondo un collaudato sistema operativo. Vengono, altresì, contestati anche omicidi nell’ambito della guerra di mafia che ha insanguinato, anche recentemente, Lamezia Terme. Arrestati anche un noto imprenditori del settore della grande distribuzione alimentare ritenuto organico del clan mafioso. Le indagini, condotte dalla Polizia di Stato, nell’ambito dell’operazione “andromeda”, hanno consentito di individuare alcuni dei responsabili degli omicidi di Antonio Torcasio, avvenuto in Lamezia Terme il 23 maggio del 2003, all’epoca reggente dell’omonima cosca Torcasio-Cerra-Gualtieri, nonchè quello dell’omicidio di Vincenzo Torcasio e il ferimento di Vincenzo Curcio, avvenuto Falerna, nel Catanzarese il 27 luglio 2003. In particolare l’omicidio di Vincenzo Torcasio suscitò particolare clamore in quanto compiuto vicino al commissariato di polizia di Lamezia Terme, dove l’uomo si stava recando. Questo omicidio, causò anche il grave ferimento di Vincenzo Curcio davanti a una paninoteca di Falerna, di fronte numerosi clienti dell’esercizio commerciale. Secondo quanto appurato dalle indagini, entrambi gli episodi si inquadravano in una strategia criminale volta a mantenere, da parte delle cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte, l’esclusivo controllo del territorio di gran parte del comprensorio di Lamezia Terme, anche attraverso l’eliminazione fisica degli esponenti di spicco della cosca avversa Cerra-Torcasio-Gualtieri attiva soprattutto nel campo delle estorsioni. I reati contestati a vario titolo agli arrestati sono quelli di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, danneggiamento e detenzione illegale di armi ed esplosivo. Gli investigatori, coordinati dalla Dda, sono riusciti a ricostruire gli equilibri e le dinamiche criminali dell’entroterra lametino. Le complesse attività investigative condotte dalla Squadra Mobile della polizia di Catanzaro e coordinate dalla locale procura distrettuale antimafia, sviluppate con meticolosa attività di riscontro delle diverse dichiarazioni di più collaboratori di giustizia nonchè dall’imponente attivazione di servizi tecnici, hanno permesso di ricostruire anche la vicenda che aveva portato alla sottrazione della bara dell’imprenditore Antonio Perri ucciso nel 2003, da elementi della cosca Torcasio e le vicende connesse con riunioni di ‘ndrangheta che avevano coinvolto anche ‘ndrine della provincia di Reggio Calabria intervenute per mediare la guerra di mafia che si stava scatenando tra i gruppi contrapposti dei Iannazzo con i Torcasio-Gualtieri. L’attività investigativa ha fatto emergere poi lo stretto collegamento dell’imprenditore Franco Perri, figlio di Antonio, con la cosca Iannazzo alla quale non ha esitato a chiedere la gambizzazione di suo fratello Marcello per motivi di carattere economico. La complessa attività di esecuzione portata a termine dalla Polizia di Stato di Catanzaro, ha comportato l’impiego di circa 400 uomini sul territorio, oltre che regionale, anche delle regioni del Nord Italia. Sono stati impiegati, per la cattura degli indagati, oltre che i reparti prevenzione crimine della Calabria e della Basilicata, anche numerose unità delle squadre mobili di Alessandria, Cosenza, Crotone, Messina, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Salerno, Siracusa e Vibo Valentia, nonchè unità cinofile della questura di Vibo Valentia e del reparto volo di Reggio Calabria, che sono stati di supporto operativo, disposto dalla Direzione centrale anticrimine e dal servizio centrale operativo di Roma. Alcuni degli indagati sono stati tratti in arresto in provincia di Alessandria dove da tempo si erano trasferiti.