COSENZA. I carabinieri del Comando provinciale di Cosenza stanno eseguendo otto misure cautelari, emesse dal gip del Tribunale di Cosenza, per reati di estorsione, ricettazione, false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria e favoreggiamento personale. Le misure sono in via di esecuzione in diversi centri della provincia di Cosenza. Il provvedimento prevede la custodia cautelare in carcere per sei persone, tra cui due donne, gli arresti domiciliari per un’altra e infine un obbligo di presentazione alla polizia. Le indagini, condotte dal Nucleo investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale di Cosenza, hanno permesso di interrompere un’azione di “cavallo di ritorno”. Le persone tratte in arresto, dopo aver “acquisito” autoveicoli rubati a Cosenza e a Rende, contattavano sistematicamente per telefono le vittime del furto per estorcergli del denaro per la restituzione dell’automezzo. Sono iniziate nell’ultimo trimestre del 2014 le indagini dell’operazione “Dine Out”, effettuata oggi dai carabinieri di Cosenza contro un gruppo criminale dedito al furto d’auto e al cosiddetto “cavallo di ritorno”. E’ stato appurato che venivano utilizzate delle cabine telefoniche per chiedere il riscatto alle persone alle quali era stata rubata l’auto. Riscatto che variava secondo il tipo di veicolo, ma che è arrivato, in un caso, fino a 2700 euro. Il prezzo veniva trattato al telefono. In un caso, sull’auto rubata c’erano delle attrezzature elettromedicali, per le quali è stato chiesto un riscatto a parte. Dopo la seconda telefonata, i contatti venivano interrotti e le auto venivano bruciate o smontate a pezzi. Erano le donne del gruppo ad effettuare le telefonate, accompagnate da un bambino, per non dare nell’occhio e non subire controlli. “Voglio sottolineare l’assoluta mancanza di collaborazione da parte delle vittime – ha detto il procuratore aggiunto di Cosenza Marisa Manzini, presente alla conferenza stampa seguita all’arresto di un gruppo di persone dedite al furto d’auto – tanto che una delle vittime, che si è rifiutata di collaborare nonostante l’evidenza del furto, è stata accusata di favoreggiamento ed è destinataria di un obbligo di presentazione alla polizia”. “Un plauso va ai carabinieri – ha detto ancora la Manzini – che hanno lavorato davvero senza aver nessun aiuto, e per questo bisogna sensibilizzare la popolazione”.