Sono riconducibili all’imprenditore Luciano Babbino, 43 anni, di Vallefiorita, i beni per un milione di euro confiscati ieri dalla Direzione investigativa antimafia di Catanzaro. L’uomo è stato coinvolto nell’operazione “Jonny”, per la quale è stato condannato in secondo grado a 12 anni di carcere, così come è stato indagato nell’operazione “Imponimento”. Secondo gli inquirenti, sarebbero emersi legami con le cosche di Cutro e Isola Capo Rizzuto, nel Crotone. Babbino è ritenuto, evidenzia la Dia, “il vertice di un’associazione di stampo mafioso di tipo ‘ndranghetistico operante nei territori di Vallefiorita, Amaroni e Squillace, attiva sotto l’influenza delle cosche di Cutro e Isola Capo Rizzuto”. A suo carico sarebbe stata evidenziata “la particolare gravità e solidità degli elementi emersi dagli atti da cui si evince l’elevato spessore criminale di Babbino, tanto da giustificare l’applicazione a suo carico della misura della sorveglianza speciale”. All’imprenditore è stata anche inflitta la sorveglianza speciale per un periodo di tre anni. La confisca riguarda il compendio aziendale di 2 società attive nei settori della ristorazione e della tinteggiatura e posa in opera di vetri, un’associazione culturale, 10 immobili, un motociclo, un’autovettura, nonché rapporti bancari e disponibilità finanziarie. Babbino è ritenuto a capo di un’associazione di stampo mafioso di tipo ‘ndranghetistico, nei territori di Vallefiorita, Amaroni e Squillace, attiva sotto l’influenza delle locali cosche di Cutro e Isola Capo Rizzuto. L’attività di polizia giudiziaria fa seguito al sequestro già effettuato nel gennaio del 2021, decretato dal Tribunale di Catanzaro a seguito di indagini patrimoniali svolte dalla Sezione Operativa Dia, i cui esiti sono confluiti in una proposta di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dal Direttore della Dia. Il Tribunale collegiale ha riconosciuto l’attuale pericolosità dell’imprenditore evidenziando la particolare gravità e solidità degli elementi emersi dagli atti dai quali si evince il suo elevato spessore criminale, tanto da giustificarne la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata tre anni. Grazie alla ricostruzione contabile condotta dagli investigatori, è emersa una rilevante sproporzione tra i beni individuati e i redditi dichiarati, pertanto il Tribunale della Prevenzione ha potuto disporre la confisca del patrimonio.