Rocco Morabito, il broker internazionale della cocaina estradato dal Brasile, secondo ricercato in Italia per pericolosità criminale dopo Matteo Messina Denaro, i crismi dello ‘svelto’ li aveva già dimostrati fin dalla prima metà degli anni ’80. Rocco ‘u Tamunga’, un nomignolo affibbiatogli per la passione nutrita per un vecchio modello di fuoristrada militare tedesco fabbricato dalla Dkw, al pari di moltissimi delle giovani leve della ‘ndrangheta della piana di Gioia Tauro e della Locride, sbarca a Milano e si fa subito valere negli ambienti criminali. Appena venticinquenne, avvia -con la regia della cosca madre ‘africota’ dei Morabito-Palamara -Bruzzaniti- un fiorente traffico di stupefacenti, eroina e cocaina, inondando i locali della movida meneghina di ‘polvere e champagne’, ricavandone cifre vertiginose. “E’ il balzo -racconta all’Agi un vecchio sott’ufficiale dell’Arma- che permette alla ‘ndrangheta della Locride di trasformare i soldi dei sequestri di persona in attività ‘visibili’, lecite, soprattutto nei commerci e nella gestione dei locali notturni”. Rocco Morabito è uno dei nuovi volti a cui le cosche della ‘ndrangheta affidano la loro internazionalizzazione, soprattutto monopolizzando l’acquisto di partite ingenti di cocaina dai ‘cocaleros’ mesoamericani, scalzando Cosa nostra a colpi di miliardi di vecchie lire, fino a conquistare la totale fiducia dei vari ‘cartelli’ del sud America per la grande disponibilità di ‘plata’(soldi) e per la puntualità dei pagamenti. Pur avendo grande credito nelle gerarchie della sua cosca di appartenenza, non ha mai occupato un grado strategico elevato nell’organigramma dei Morabito-Bruzzaniti-Palamara, pur essendo stato uno dei creatori di ricchezza del gruppo criminale di Africo e di altre ‘famiglie’ a esso collegate. Nella ‘Milano da bere’, Rocco Morabito, oltre a manovrare elevate quantità di stupefacente, è uno dei protagonisti degli anni d’oro delle discoteche, dei lounge bar famosi, muovendosi spesso tra piazzale Baracca e piazza Diaz, dove, a frotte, giungono tutte le sere i rampolli della borghesia milanese in “cerca di forti emozioni”. Un terreno fertile per fare soldi ma, soprattutto, per intessere rapporti, conoscenze con personaggi dello spettacolo e del mondo degli affari, un percorso che porta fino ai nostri giorni, con la ‘ndrangheta ormai infiltrata profondamente nel tessuto sociale ed economico della Lombardia. Ma la ‘bella vita’ non dura mai a lungo per uno ndranghetista, e tanto meno per Rocco ‘u tamunga’, diventato nel frattempo uomo di fiducia dello zio Domenico Antonio Mollica, uno dei protagonisti negli anni ’80 della sanguinosa faida di Motticella, scoppiata all’interno della cosca ‘africota’ a seguito di contrasti per la divisione del riscatto del sequestro della farmacista Concetta Infantino, originaria di Ferruzzano, a quattro passi da Africo. Rocco Morabito, nel 1994, impatta contro la legge, quando tenta di pagare oltre tredici miliardi di lire ad agenti sotto copertura scambiati per narcos, in cambio della fornitura di una tonnellata di cocaina. Da quel momento, dopo essere riuscito a schivare le manette, Morabito è uccel di bosco e durante un arco di quasi venticinque anni, tutti trascorsi tra Brasile, Argentina e Uruguay, corrompendo settori della vita pubblica, riesce a sottrarsi alla cattura dei carabinieri in varie occasioni, fino all’estradizione di ieri dal Brasile. In Italia dovrà scontare trent’anni di reclusione.