Sono 27 le misure cautelari, di cui 25 in carcere, che la Guardia di Finanza del comando provinciale di Reggio Calabria ha eseguito martedì 14 novembre nelle Province di Reggio Calabria, Agrigento, Cosenza, Messina, Milano e Roma. L’ordinanza è stata emessa dal Giudice per le indagini preliminari della città dello Stretto, su richiesta della Procura della Repubblica distrettuale antimafia diretta da Giovanni Bombardieri. Gli indagati interessati dal provvedimento sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, usura. Nel mirino degli inquirenti una cosca storica di ‘ndrangheta e i nuovi equilibri mafosi a Reggio. L’operazione è stata denominata “Garden”. Nel mirino le attività criminali di due delle cosche di ‘ndrangheta più potenti di Reggio Calabria: i Borghetto e i Latella, storicamente legate nella seconda guerra di ‘ndrangheta che insanguinò Reggio Calabria dal 1985 al 1991, al ‘cartello’ De Stefano, Libri, Tegano, in contrapposizione ai Serraino-Imerti-Condello. L’inchiesta, inoltre, avrebbe posto in evidenza una sorta di riorganizzazione degli equilibri e interessi criminali definiti alla fine del 1991, con una nuova mappa delle influenze territoriali, in particolare per i soggetti oggi indagati, nei quartieri ‘Modena-Ciccarello’ e nelle frazioni della Vallata del Valanidi, a sud del centro storico di Reggio Calabria. L’inchiesta “Garden” della Procura della Repubblica di Reggio Calabria tratteggia anche il nuovo ruolo dei rom negli ambienti criminali e mafiosi reggini. Secondo gli inquirenti, i rom dei quartieri ‘Modena-Ciccarello’ e ‘Arghillà’ avrebbero trovato ‘un posto a tavola’ nell’organizzazione dello spaccio di stupefacenti, di traffico di armi, estorsioni e usura, una ‘divisione del lavoro’ criminale che sta interessando da tempo anche altre aree della Calabria, come la Piana di Gioia Tauro, la Sibaritide, il Lametino. “Non si tratta ormai di manovali del crimine -affermano fonti investigative con riferimento ai rom- ma di un’organizzazione autonoma che può contare su decine e decine di persone, soprattutto giovanissimi, che è ormai diventata una pericolosa realtà”.
I Borghetto-Latella da cosca satellite dei Libri a clan autonomo
Associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, usura. Queste le accuse contestate a vario titolo ai destinatari delle misure cautelari eseguite da militari del comando provinciale della Guardia di Finanza nelle Province di Reggio Calabria, Agrigento, Cosenza, Messina, Milano e Roma, nei confronti di 27 persone nell’ambito dell’operazione denominata “Garden”. L’ordinanza, emessa dalla sezione Gip del Tribunale reggino, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta da Giovanni Bombardieri, ha portato in carcere 25 persone e all’esecuzione di altre 2 misure. L’operatività della cosca di ‘ndrangheta Borghetto-Latella, oggetto di investigazioni -per decenni non del tutto autonoma, in quanto articolazione satellite della storica cosca Libri- avrebbe conquistato, nel tempo, con le modalità tipiche delle associazioni mafiose, il controllo delle attività criminali ed economiche di un’ampia zona di Reggio Calabria, coincidente con i quartieri di Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra. Il potere mafioso esercitato dal clan sui territori interessati, garantito anche dalla disponibilità di veri e propri arsenali militari e da continui atti intimidatori e violenti, si sarebbe consolidato anche attraverso un’imponente attività estorsiva, monopolizzando vaste sacche commerciali ed economico-imprenditoriali, nonché numerose piazze, con espansioni anche fuori dalla città di Reggio Calabria.
Il capo-cosca, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe assurto a tutti gli effetti ai vertici del “Mandamento” di ‘ndrangheta di Reggio Calabria, rivestendo un ruolo apicale nelle gerarchie mafiose, di dispensatore di doti e cariche organizzative, nonché di programmatore delle ripartizioni dei proventi illegali fra il suo sodalizio e le altre ‘ndrine della città. L’attività investigativa ha confermato, peraltro, l’esistenza di un legame sempre più profondo e sinergico tra la ‘ndrangheta della provincia reggina e pericolosi esponenti di gruppi criminali appartenenti alle comunità nomadi.
Ulteriore terreno di operatività criminale della cosca sarebbe, da sempre, anche l’usura. I vertici, infatti, si sarebbero dedicati a tale attività illecita, anche grazie ai proventi derivanti dell’intenso traffico di stupefacenti. Numerosi, inoltre, sono gli episodi estorsivi registrati ai danni di imprenditori reggini. Peraltro, l’attività d’indagine ha portato al rinvenimento di un vero e proprio arsenale, costituito da decine di armi, anche da guerra, tra mitragliette, fucili e pistole, perfettamente funzionanti e con relativo munizionamento, nonché di un ordigno esplosivo dalla potenza micidiale, il cui possesso non sarebbe giustificabile se non da finalità criminali di tipo mafioso.
A capo del clan la diarchia dei fratelli Cosimo e “Gino” Borghetto
C’era una diarchia formata dai fratelli Cosimo e Eugenio ‘Gino’ Borghetto, rispettivamente, di 69 e 55 anni, cresciuti all’ombra dei defunti boss Domenico e Pasquale Libri, a capo del clan Borghetti-Latella, colpito dagli arresti ordinati dalla Dda di Reggio Calabria ed eseguiti dalla Guardia di Finanza con l’operazione “Garden”. Sono 25 le persone finite in carcere, una ai domiciliari e una è stata sottoposta all’obbligo di firma. I due boss, un tempo subordinati al clan Libri, nel tempo sarebbero riusciti a scalare autonomamente le gerarchie del “Mandamento” di ‘ndrangheta di Reggio Calabria, “rivestendo un ruolo di primo piano negli equilibri mafiosi, attribuendo doti ‘ndranghetiste e cariche organizzative agli adepti, e programmando le ripartizioni dei proventi illegali fra il sodalizio e le altre ‘famiglie’ della città” ed avvalendosi della criminalità Rom. Gli arrestati sono: Cosimo Borghetto, 69 anni; Eugenio Borghetto, 55 anni; Francesco Bevilacqua, 30 anni; Giovanni Cacopardo, 51 anni; Armando Catanzaro, 53 anni; Francesco Ferrante, 48 anni; Giuseppe Condemi, 22 anni; Francesco Ferrante, 48 anni; Maurizio Filocamo, 45 anni; Carmelo Rocco Iaria, 49 anni; Antonino Idotta, 51 anni; Paolo Latella, 53 anni; Vincenzo Malaspina, 51 anni; Felice Melchionna, 54 anni; Giovanbattista Mento, 40 anni; Fabio Pennestrì, 41 anni; Matteo ‘Giorgio’ Perla, 61 anni; Nicola Danilo Polimeno, 55 anni; Francesco Saraceno, 40 anni; Aldo Tripodi, 59 anni; Bruno Iaria, 46 anni e Antonino Familiari, di 47 anni. Ai domiciliari il Gip ha sottoposto Alessio Berlingieri, 23 anni, e all’obbligo di firma, Kevin Catanzaro, 22 anni.
Bombardieri: “Patto federativo tra i clan”
“Abbiamo trovato un modo nuovo di relazionarsi della criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista con gruppi di criminalità provenienti dalla comunità rom”. Lo ha detto il procuratore capo di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri a margine della conferenza stampa organizzata al comando provinciale della guardia di finanza per illustrare i dettagli dell’operazione “Garden” contro la cosca Borghetto-Latella. “Non bisogna generalizzare con la comunità rom – precisa Bombardieri -. Si tratta di soggetti proveniente dalla comunità rom che si erano costituiti in gruppi organizzati e che procedevano all’attività di spaccio e alla gestione di piazze di spaccio con l’autorizzazione e la benevolenza della cosca a cui però riferivano in altro modo con forniture di armi e l’utilizzazione di loro appartenenti in attività delittuose della cosca stessa. È un modo di relazionarsi nuovo della ‘ndrangheta. Finora noi avevamo, come dire, accertato anche in via giudiziaria, l’appartenenza di singoli soggetti provenienti dalla comunità rom in cosche. Oggi verifichiamo invece un relazionarsi della cosca con gruppi di criminalità organizzata formati da soggetti provenienti dalla comunità rom che operavano in accordo con le cosche di ndrangheta”. Oltre ai rapporti tra i Borghetto-Latella con i rom, l’inchiesta “Garden” ha confermato l’esistenza di un “patto federativo” tra le cosche cittadine che riguardava le strategie criminali dei vari clan. “I fratelli Borghetto – spiega il procuratore – si ponevano all’interno di questo patto federativo con una propria autonomia criminale che riguardava un settore della città di Reggio. Ci sono conversazioni che sono molto frequenti su questo punto e ci sono dichiarazioni di collaboratori su una ‘cassa comune’ che serviva per il mantenimento e per la tutela di detenuti a prescindere dalla cosca di riferimento”. Bombardieri, infine, si sofferma sulle estorsioni ai danni degli imprenditori: “Dalle intercettazioni è emerso che gli indagati discutevano della scelta di alcuni imprenditori di denunciare e sottolineavano la necessità di trovare un modo diverso per entrare in contatto con loro. Questa preoccupazione da parte delle cosche dà riscontro a quello che noi andiamo dicendo, cioè che è importante denunciare perché chi denuncia non è lasciato solo dalle istituzioni”. Per il comandante regionale della guardia di finanza, generale Gianluigi D’Alfonso, si tratta di “una bella operazione che documenta la capacità della ‘ndrangheta di intessere relazioni”, e per il colonnello Mauro Silvari, comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria, l’inchiesta “Garden” dimostra che “non possono esistere aree della città che possano essere considerati ‘fortini’ dove non vi è un’azione delle forze dell’ordine”.