Le regioni alzano gli scudi contro i tagli alla sanità, a partire da quelli al Pnrr, denunciano compatte. E se il governo non cambierà rotta, annunciano che ricorreranno alla Corte Costituzionale. Una presa di posizione che arriva all’indomani dell’appello di 14 scienziati per maggiori risorse alla Sanità pubblica. Anche la Ragioneria generale dello Stato mette in guardia e, in un documento dello scorso 26 marzo, indica i rischi legati all’ulteriore slittamento al 2025 dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) e delle relative tariffe, chiedendo che i fondi già destinati ai Lea vengano resi “indisponibili” per evitare che, come sinora successo, siano utilizzati dalle regioni per altre voci. Netta la richiesta delle regioni: abrogazione del titolo 1 comma 13 del dl Pnrr che taglia 1,2 miliardi alle regioni relativi prevalentemente a opere per la sicurezza sismica delle strutture ospedaliere, o un impegno formale per la reintegrazione dei fondi, chiede al governo la Conferenza delle Regioni in un parere. Se questo non dovesse avvenire, le regioni sono pronte a rivolgersi alla Consulta. “Utilizzeremo tutti i canali della collaborazione e anche quelli di non collaborazione, se necessario, per tutelare il più possibile il Servizio sanitario nazionale”, ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga. Anche il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta chiede al governo finanziamenti adeguati per la sanità: “L’incertezza sui tempi di attuazione dei nuovi Lea e l’invito della Ragioneria a vincolare le risorse dipingono un quadro a tinte fosche per il futuro del Ssn”, afferma. Il Governo Meloni, replica, “è doveroso ribadire che questo esecutivo ha appostato sul fondo sanitario la cifra record di 134 miliardi di euro per il 2024, con un investimento di oltre 11 miliardi per il prossimo triennio”. Per consolidare il Ssn “serve puntare sui professionisti, e Schillaci ha intrapreso la strada giusta”, commenta il presidente della Federazione degli ordini dei medici, Filippo Anelli.