REGGIO CALABRIA. Traffico di armi e droga; estorsione, ricettazione e furto. Questi i reati di cui sono accusate, a vario titolo, 9 persone nei cui confronti la procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha emesso altrettanti decreti di fermo, eseguiti giovedì dalla squadra mobile della città calabrese dello Stretto e dagli agenti del commissariato di Polizia di Palmi. I reati contestati sono aggravati dall’accusa di aver agevolato alcune cosche della ‘ndrangheta operanti nella piana di Gioia Tauro. Nel mirino degli inquirenti, in particolare, il clan Santaiti di Seminara, attivo nei settori del traffico di droga e armi, delle estorsioni e del furto di legname. L’operazione, eseguita questa mattina, è stata denominata in codice “Grifone”. Fra gli episodi contestati, il traffico di armi da guerra, fra cui fucili “Kalashnikov”. I nove fermati sono Carmelo Santaiti, 34enne nato a Palmi; Demetrio Vincenzo Saverio Santaiti, 57enne nato a Seminara; Massimiliano Santaiti, 40enne, nato a Palmi; Stefano Antonio Santaiti, 44enne, nato a Seminara; Vincenzo Mario Santaiti, 25enne, nato a Palmi; Andrea Bonforte, 25enne nato a Reggio Calabria; Angela Carbone, 45enne, nata a Taurianova; Saverio Mammoliti, 40enne nato a Taurianova; Giuseppe Zangari, 50enne nato a Polistena. Sono attivamente ricercati altri 5 indagati, fra cui uno straniero da tempo allontanatosi dal territorio nazionale. Il provvedimento di fermo – emesso in via d’urgenza per il pericolo di fuga dei destinatari – è stato emesso al termine di una complessa indagine condotta dai poliziotti della Squadra Mobile di Reggio Calabria, diretta dal primo dirigente Francesco Rattà, e del Commissariato di Palmi, diretto dal commissario capo Francesco Muraca, finalizzata a disarticolare un gruppo criminale di ‘ndrangheta facente capo alla cosca Santaiti di Seminara, operante nei settori del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti, del traffico di armi, delle estorsioni e del furto di notevoli quantità di legname. Le indagini avrebbero consentito di documentare numerosi episodi di detenzione, porto e cessione di armi, anche da guerra, tra le quali alcuni fucili Kalashnikov, nonchè molteplici episodi di traffico di cocaina e produzione di marijuana. Ad alcuni indagati vengono contestate anche alcune estorsioni, nonchè episodi di furti di centinaia di quintali di legname dal taglio di alberi secolari di ulivo. Ad altri indagati invece viene contestato il reato di ricettazione di automezzi di provenienza furtiva. Secondo gli inquirenti nel contesto delle indagini assumono particolare rilievo i fratelli Santaiti, Stefano Antonio, Demetrio Vincenzo Saverio e Massimiliano, figli del defunto patriarca Carmelo, nonchè il nipote omonimo di quest’ultimo, di 34 anni , e Vincenzo Mario, di 25, figli rispettivamente di Saverio Rocco, di 56 anni, e Carmine Demetrio, di 62, attualmente detenuto. Fra i fermati figura anche Andrea Giuseppe Bonforte, figlio di Giovanni (48 anni), attualmente detenuto, il quale, in virtù delle sue precedenti condanne per associazione mafiosa, omicidio aggravato, estorsione e detenzione illegale di armi e munizioni in concorso, è ritenuto un elemento di spicco della potente cosca di ‘ndrangheta denominata Imerti-Condello, operante nella zona nord della città di Reggio Calabria. Altro personaggio che secondo l’accusa sarebbe di indiscusso spessore criminale, e che sarebbe coinvolto assieme ai fratelli Massimiliano Santaiti e Stefano Santaiti nello spaccio di droga – è Saverio Mammoliti di 40 anni, nipote dell’ex boss pentito Saverio Mammoliti , 74 anni, detto don Saro, capobastone dell’omonima cosca mafiosa. Dalle indagini è emerso che alcune armi in possesso degli indagati erano state utilizzate per commettere alcuni omicidi (con riferimento a un’arma, uno degli indagati chiede al suo interlocutore: “ma glielo hai detto che ha fatto qualche omicidio?”). Nell’ambito della stessa operazione, in esecuzione di un decreto emesso d’urgenza dalla stessa Dda di Reggio Calabria, sono stati sequestrati un’autovettura Mercedes classe A e un terreno a Seminara. L’immobile sarebbe stato utilizzato da base d’appoggio per lo stoccaggio della droga e la consumazione dei delitti di furto del legnane, mentre l’autoveicolo sarebbe stato utilizzato per gli spostamenti funzionali ai traffici di droga.
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