REGGIO CALABRIA. Beni per un ammontare complessivo pari a circa un milione di euro sono stati sequestrati a tre professionisti di Reggio Calabria legati, a vario titolo, secondo l’accusa, alla ‘ndrangheta, ed in particolare alla cosca Alampi, operante nella città dello stretto. Destinatari della misura sono gli avvocati Giulia Maria Rossana Dieni e Giuseppe Putortì e il commercialista Rosario Spinella. Gli uomini dei comandi provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza hanno eseguito, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica, tre provvedimenti emessi dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale cittadino. I due penalisti, nel luglio scorso, sono stati condannati in primo grado dal gup di Reggio Calabria a 8 anni di reclusione per associazione mafiosa, perchè, secondo l’accusa recandosi, quali difensori di Matteo Alampi, a sostenere i colloqui in carcere con quest’ultimo, si sarebbero prestati “in modo consapevole e sistematico a fare da postini, nonchè da portatori di messaggi e notizie recanti le specifiche direttive impartite dal carcere dall’Alampi ai sodali non detenuti”. A seguito delle indagini patrimoniali della 4a sezione misure di prevenzione del Nucleo investigativo dei Carabinieri, il Tribunale ha disposto il sequestro di conti correnti, carte di credito, polizze e vari prodotti finanziari, per un valore complessivo stimato in 220 mila euro per Dieni e 569 mila euro per Putortì. Il commercialista Spinella è stato condannato in primo grado a 8 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Quale custode/amministratore di una serie di società sottoposte a sequestro avrebbe consentito la presenza quasi quotidiana del capocosca Alampi nelli sedi delle imprese e l’intromissione nelle scelte aziendali più importanti agli stessi soggetti ai quali le imprese erano state confiscate; avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti per costituire fondi neri da erogare alla cosca e avrebbe sviato l’utilizzo dei mezzi delle imprese confiscate per altri fini cui erano a vario titolo interessati i precedenti proprietari mafiosi. Al professionista è contestata l’aggravante di avere commesso il fatto con abuso delle pubbliche funzioni. Il Gruppo tutela economia del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza ha svolto specifici approfondimenti, anche di carattere finanziario, al termine dei quali è stato accertato che il commercialista si sarebbe indebitamente appropriato di somme presenti sui conti correnti di quattro imprese – senza autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria competente – per il pagamento a se stesso di parcelle relative a prestazioni professionali per le quali era già stato remunerato. Nei suoi confronti è stato disposto il sequestro di disponibilità finanziarie fino alla concorrenza della somma di 193.685,26 euro.