Quarant’anni dopo la strage in via Fani si è rinnovata ieri la memoria dei cinque agenti della scorta di Aldo Moro uccisi dalla ferocia brigatista. Alle 9,05, nell’ora dell’attacco che si concluse con il sequestro del presidente della Democrazia cristiana, il Capo dello Stato ha scoperto il monumento che ha sostituito la teca di marmo e cristallo che era stata posta all’angolo con via Stresa nel primo anniversario dell’agguato. Una cerimonia breve e senza dichiarazioni ufficiali, per lasciare spazio solo al ricordo e – per chi crede – alla preghiera.
‘Uccisi barbaramente nell’agguato terroristico del 16 marzo 1978. Per mantenere vivo il ricordo del loro sacrificio a salvaguardia delle istituzioni democratiche come testimonianza luminosa di coraggio e di fedeltà allo Stato’, è inciso sulla lapide accanto ai nomi delle vittime: l’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, che guidava la Fiat 130 blu di Moro, il maresciallo Oreste Leonardi, il capo della scorta, gli agenti di polizia Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino, che erano sull’Alfetta che seguiva la berlina dell’ex presidente del Consiglio.
Sergio Mattarella si è trattenuto per pochi minuti, ha salutato i parenti dei caduti e ha deposto una corona di fiori sul monumento. Con lui, anche il presidente del Senato Pietro Grasso, la presidente della Camera Laura Boldrini, il sindaco di Roma Virginia Raggi (che ha inaugurato un piccolo giardino sulla via Trionfale dedicato alle vittime), il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, una delegazione del Pd guidata da Maurizio Martina.