REGGIO CALABRIA. “Del bambino ferito a Seminara non doveva trapelare alcun elemento di riconoscibilità, e non è questione soltanto di leggi e codici deontologici, ma di esposizione del piccolo a rischi incalcolabili, derivanti dall’essere stato sul posto al momento dell’agguato mortale”. Lo afferma, in una dichiarazione, il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione, Antonio Marziale, in relazione all’uccisione di un pregiudicato di Seminara mentre si trovava in compagnia di un bambino di dieci anni. “Quella della mafia che un tempo rispettava bambini e donne – aggiunge – è solo una leggenda metropolitana dura a scomparire da certa letteratura disinformata. La mafia ha sempre ucciso donne e bambini e la lista è lunghissima. È gravissimo che, nonostante decenni di dibattiti, confronti e corsi di formazione molti, fra i colleghi giornalisti non abbiano ancora recepito la delicatezza della questione e continuino imperterriti ed irresponsabilmente a sottovalutarla o, peggio, ad ignorarla. La questione mi è stata sottoposta da Fabio Papalia, direttore della testata online Newz.it, che ha opportunamente fatto notare come anche la Garante cittadina di Reggio Calabria abbia contravvenuto ai canoni della protezione del minore, spingendosi a citare il nome reale del bambino e finanche l’etnia di origine. Sono certo che l’errore di Giovanna Campolo sia dovuto all’inesperienza del ruolo, giacché si è insediata soltanto da pochi mesi ed a brevissimo fisserò con la stessa un incontro. Così come immagino che il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri, componente della mia Consulta per il rapporto tra mass media e minori, vorrà invitare i colleghi a riflettere sugli effetti derivanti da una comunicazione pubblica che non tiene conto dei pericoli cui vengono esposti i minorenni, soprattutto se coinvolti in fatti delittuosi”. “È altresì grave – dice ancora Marziale – che alla trasgressione contribuiscano anche le istituzioni politiche, che invito a prenderne atto. La tutela dei minori non è roba per addetti ai lavori, ma riguarda tutti indistintamente. Il fatto che si contravviene con così evidente leggerezza indica che il cammino per la piena affermazione della cultura dell’infanzia e dell’adolescenza è ancora lungo. Chiedo alle stesse testate che hanno riportato gli estremi del bambino di voler pubblicare la presente nota, che mi auguro possa valere come accoglimento dei rilievi mossi ed impegno ad una maggiore e costante attenzione”.