Associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione, tentata rapina, incendio, porto e detenzione illegale di armi e munizioni e illecita concorrenza con minaccia aggravata dal metodo mafioso: questi i reati ipotizzati, a vario titolo, a carico dei fermati nell’ambito dell’operazione “Tisifone” della Polizia contro le cosche del Crotonese che si preparavano ad una guerra. I provvedimenti eseguiti sono stati 21 su 23 emessi dalla Dda di Catanzaro. L’operazione è frutto di una complessa indagine svolta dai poliziotti della squadra mobile di Crotone con gli investigatori del Servizio Centrale Operativo, che ha fatto luce sulle nuove dinamiche criminali operanti sul territorio di Isola di Capo Rizzuto determinatesi a seguito delle recenti operazioni di polizia e in particolare l’operazione Jhonny, svoltasi lo scorso anno, che ha colpito decine di persone riconducibili al “locale” di ‘ndrangheta degli Arena di Isola di Capo Rizzuto, tra cui gli stessi vertici della cosca. L’indagine svolta ha permesso di entrare nel cuore del territorio di Isola Capo Rizzuto, svelando le nuove alleanze, i nuovi equilibri maturati all’interno del comprensorio, ma soprattutto ha fatto emergere le nuove tensioni che, dopo i numerosi arresti operati, stavano emergendo, dettati dalla volontà delle “famiglie” di imporre il proprio potere e controllo su Isola. In particolare sono emersi due fronti contrapposti: da un lato i Capicchiano, con a capo Salvatore Capicchiano, desiderosi di affermare il loro monopolio nella gestione del lucroso settore del gioco illegale mediante l’imposizione e la gestione delle loro slot machine in diversi bar ed esercizi commerciali, dall’altro i Nicoscia, con a capo Antonio Nicoscia, figlio di Pasquale Nicoscia, alias Macchietta; i Manfredi e i Gentile non concordi su tale esclusività e sull’ascesa dei Capicchiano. La conseguenza di questi attriti è stata un’escalation di violenza che ha visto le parti contrapposte ipotizzare e pianificare degli omicidi sventati dall’intervento della Polizia. Proprio la pianificazione di questi gravissimi reati ha portato all’accelerazione dell’indagine con l’adozione di un provvedimento di fermo nei confronti degli indagati. L’indagine ha consentito peraltro di documentare i rapporti fra le diverse famiglie di ‘ndrangheta e in particolare fra la cosca Megna di Papanice e con le cosche del Petilino. L’esecuzione delle catture disposte dalla Procura, che ha impegnato dalle prime ore dell’alba decine di uomini e donne della Polizia di Stato, ha coinvolto, oltre alla squadra mobile di Crotone e al Servizio centrale Operativo, anche la Squadra Mobile di Catanzaro e i Reparti Prevenzione Crimine di Cosenza, Vibo Valentia e Siderno.