Aprire i cantieri per aiutare la riresa dopo la sosta forzata imposta dalla pandemia. E’ quanto chiede Italia Viva in una nota a firma di Anna Maria Brunetti e Davide Lauria, coordinatori del partito in provincia di Cosenza.
“Il serrato dibattito politico sul rilancio post-Covid – spiegano – ruota, come è noto, attorno alla individuazione di strategie efficaci da mettere in campo nell’immediato futuro per far fronte alla più grave emergenza economica e sociale che ha investito l’Italia dal Dopoguerra. Il poderoso impegno di risorse finanziarie (80 mld dello Stato e 173 mld dall’Europa) finora mai programmato obbliga, per il peso che avrà sulle future generazioni, a scelte decisamente orientate a politiche di sviluppo duraturo capaci, per come ha affermato la presidente della commissione Europea Von der Leyen, di produrre “frutti ai nostri figli”, delimitato così il perimetro della generosità europea. L’obiettivo – continuano – è di superare, tramite questo poderoso impegno, le fragilità materiali e immateriali del nostro sistema paese che sono emerse, nella loro tragicità, durante la crisi pandemica, dalle carenze sanitarie, al caos di competenze tra Stato e Regioni, agli ostacoli della burocrazia, al blocco di intere filiere produttive, con le conseguenti perdite dei livelli occupazionali”.
Occorre, spiegano i due esponenti di IV, “mettere in piedi, al fine di raggiungere risultati positivi, azioni integrate, non scollegate tra loro né tanto meno fini a se stesse tese a innescare meccanismi di ripresa economica e sociale. In questo quadro – aggiungono – si inserisce legittimamente il tema degli investimenti infrastrutturali, con la definizione di un piano Shock, che dovrà essere il perno della strategia economica del paese. Avviare, per come propone Italia Viva, le opere cantierabili, tra l’altro in gran parte già con copertura finanziaria, porterebbe a benefici occupazionali diretti e indotti con ricadute economiche capaci di generare sviluppo”.
Tutto ciò, aggiungono, “è ancor di più necessario nel Mezzogiorno, dove, secondo il rapporto Svimez del 2019, negli ultimi 50 anni si è registrato un declino della spesa infrastrutturale pari a 1/6 della spesa totale nel Paese. Questo gap è frutto, oltre che da fattori strutturali, da un insieme di concause quali i tempi lunghi di progettazione e attuazione delle opere, l’opprimente burocrazia e la una generale incapacità delle amministrazioni pubbliche nello stabilire le priorità nel selezionare i progetti generando una situazione di immobilismo desolante”.
redazione@giornaledicalabria.it