REGGIO CALABRIA. Erano armati di fucili e pistole, i due latitanti di ‘ndrangheta sorpresi e catturati dalla Polizia di Reggio Calabria all’interno di un covo in una zona impervia di montagna nella Piana di Gioia Tauro. E’ finita così la latitanza di Giuseppe Ferraro e Giuseppe Crea, il primo latitante da 18 anni, il secondo da un decennio. I particolari dell’ operazione di polizia, sono stati illustrati stamani in Questura dal procuratore capo Federico Cafiero De Raho e dal procuratore aggiunto Gaetano Paci, alla presenza del Questore Raffaele Grassi, del capo della prima divisione operativa dello Sco, Raffaele Grassi, del capo della Mobile, Francesco Rattà, e del vice questore aggiunto Fabio Catalano, vice capo della Mobile alla guida della sezione Criminalità organizzata, che stanotte ha diretto sul posto le operazioni di cattura e stamane indossava ancora la tuta mimetica. “Sapevamo che entrambi potevano reagire facendo uso delle armi, ma l’azione è stata talmente fulminea che non vi è stata possibilità di reazione”. Lo ha detto il Questore complimentandosi coi suoi uomini: “Possiamo dire – ha aggiunto – di avere liberato la città e la provincia di Reggio Calabria, assicurando alla Giustizia due straordinari latitanti, possiamo dire di avere liberato la popolazione da questo peso”. Parole di straordinario elogio anche da parte dei due magistrati. “I risultati straordinari che si stanno conseguendo – ha detto Cafiero De Raho – sono l’obiettivo che ci eravamo prefisso su una base fondamentale, condivisione e sinergia e sintonia nel lavoro. La DDA e la Polizia di Stato, ma in altri casi anche Carabinieri e Guardia di Finanza, lavoriamo con l’obiettivo unico di liberare il territorio dalla ‘ndrangheta”. “Lo stesso collaboratore di giustizia Bruzzese – ha ricordato Cafiero De Raho – parlando della morte del giovane Francesco Maria Inzitari, ricorda che i Crea hanno avuto un gioco fondamentale nella sua uccisione. I Crea sono tra quelli colpiti dal maggior sospetto per l’omicidio. Speriamo che questo – ha concluso il procuratore – sia un ulteriore tassello che ci consenta di avere maggiore collaborazione dalla gente, se qualcuno riuscisse a darci un pò di collaborazione faremmo di più”. Il procuratore aggiunto Paci, coordinatore della DDA per il settore tirrenico, ha sottolineato due aspetti: “sotto il profilo del metodo è necessario rivendicare la cattura di due pericolosissimi latitanti, come dimostra l’enorme disponibilità di armi, micidiali, anche da guerra. Sotto il profilo del merito, è stata un’operazione da manuale, una pura operazione di polizia giudiziaria. Una operazione che ha bandito qualunque sorta di contatto o di rapporto ambiguo con lo stesso territorio, limitato attraverso l’uso di tecnologie per osservare da notevole distanza i movimenti di soggetti delle diverse cinture che hanno garantito la latitanza a Ferraro e Crea. In una parola – ha ribadito Paci – una operazione da stato di diritto, da Stato che applica le regole, solo così si possono prendere i latitanti, sappiamo che in passato sono state fatte altre cose”. Andrea Grassi ha rimarcato le straordinarie capacità del personale che ha operato: “Oggi noi che eravamo lì abbiamo capito quanto era difficile e forse dopo, quanto è stato pericoloso il nostro intervento, ma è stato annientato il pericolo grazie alla grande professionalità degli uomini e delle donne della Squadra mobile e di un manipolo di uomini dello Sco onorati di lavorare al loro fianco”. Il capo della Mobile ha ricordato come “entrambi sono personaggi di primo ordine della ‘ndrangheta del mandamento tirrenico” e in particolare ha ricordato come la cosca Crea avesse sovvertito l’ordine democratico del Comune di Rizziconi, fatti per i quali con l’operazione Deus fu arrestato Teodoro Crea, padre di Giuseppe, artefice del ribaltamento dell’amministrazione comunale di Rizziconi che non si piegava ai voleri della cosca. A Giuseppe Crea, già raggiunto da diverse misure cautelari, dopo la cattura è stata notificata una nuova ordinanza di custodia cautelare per estorsione in danno di un imprenditore. I dettagli operativi della cattura sono stati forniti dal vice capo della Mobile, Fabio Catalano. Cinquanta gli uomini impegnati, con una doppia cinturazione dell’obiettivo. “E’ stata un’operazione militare a tutto tondo” ha spiegato il funzionario. I poliziotti hanno dovuto inerpicarsi in un pendio ripidissimo, in agro di Maropati, entroterra della Piana. Quindi hanno trovato le vie d’accesso al covo, una struttura di 25 metri quadrati dotata di tutti i confort, compresa la tv satellitare. A una parete erano pronti per l’uso un fucile mitragliatore Kalashnikov Ak47, con calcio pieghevole, due fucili a pompa e una decina di pistole. Fortunatamente i due non hanno sentito arrivare gli agenti, che li hanno sorpresi nel sonno. L’azione è stata fulminea, la porta è stata sfondata e i due si sono risvegliati con le armi puntate, nessuna possibilità di reazione.